Il pendolo delle emozioni
Le nostre emozioni sono sempre in movimento, anche nel sonno. In noi c’è sempre una potenziale tensione emotiva che può darci gioia o dolore e, anche se ci conosciamo bene, le nostre emozioni a volte ci sorprendono.
1. Le oscillazioni del pendolo
Il moto delle emozioni è come quello d’un pendolo: se oscilla in alto, poi oscillerà in basso; e anche quando è fermo ha in se’ la capacità d’oscillare. Possiamo passare velocemente da uno stato di calma ad uno di euforia o di depressione: per esempio, un arrivo inaspettato può provocare un entusiasmo dovuto al piacere della visita, un incidente improvviso invece può causare rabbia o paura. Spesso gli incontri sociali sono accompagnati da oscillazioni del pendolo, ma non è detto che le emozioni provate si mostrino all’esterno.
I termini ‘alto’ e ‘basso’ identificano i due estremi del pendolo: nell’alto ci sentiamo rivolti all’esterno indipendentemente dalle emozioni che proviamo (rabbia, euforia, disperazione…); nel basso invece ci sentiamo stanchi, spesso depressi e comunque siamo rivolti al nostro interno.
2. I bassi
Il basso del pendolo e’ dovuto all’esaurimento di energia fisica ed emotiva. Lo proviamo dopo uno sforzo fisico o un lungo viaggio, e questo tipo di basso rimane nella parte tollerabile dell’area sinistra del pendolo , vicino alla calma. Un basso piace¬vole può essere anche l’emozione che proviamo dopo aver visto una buona produ¬zione d’una tragedia Shakespeariana o quando ci sentiamo dei martiri perché lavoriamo e diamo più di tutti. In questo stato possiamo compiacerci, provare autocompassione o magari entrambe le cose.
L’entità del male che il compiacimento e l’autocompassione ci possono fare dipende da quanto facciamo oscillare il pendolo: più oscilliamo in basso, peggio staremo. Questo vale anche per il basso compulsivo: più è’ profondo e duraturo, più faremo male a noi stessi e agli altri.
Il basso intollerabile (o compulsivo) e’caratterizzato da una negatività estrema. Ci concentriamo sugli aspetti negativi e dannosi delle cose senza accorgerci del nutrimento emotivo a nostra disposizione. Invece è proprio ricorrendo agli altri che possiamo cominciare ad uscire da questo stato.
Se il basso e’ piacevole, siamo tentati di restarci dedicando molta attenzione all’imperfezione della specie umana, al buio della notte, alla prevalenza del crimine, della disonestà e dell’egoismo, all’assenza di significato nella vita, alla brevità della stessa, all’inevitabilità della morte.
Alcune di queste emozioni sono utili, l’essenziale è essere coscienti del processo in cui ci troviamo, perché in questo stato perdiamo la capacita’ di valutare in modo equilibrato.
Se il basso compulsivo e’ sgradevole ci odiamo, siamo depressi, ci sentia¬mo inutili, senza valore e spesso in colpa. E’ molto più difficile uscire da questo stato se ci sentiamo colpevoli: il senso di colpa fa oscillare il pendolo ancora più in basso e può trasformare un basso piacevole, in sgradevole. Basta concentrarsi su tutti i propri ‘fallimenti’ per alimentare il senso di colpa e attivare un circolo vizioso di autocom¬passione, basso piacevole e senso di colpa, basso sgradevole.
E’ più difficile uscire da un basso sgradevole che da uno piacevole perché ci sentiamo più inerti e rifiutiamo tassativamente l’aiuto di chi ci vuole assistere. E potremmo restarci per giorni, mesi, anni o addirittura abituarci a vivere così.
Abbiamo bisogno d’imparare a riconoscere i nostri bassi e a sapere quanto profondi sono. Ci serve anche trovare modi per uscirne, per esempio ascoltare chi percepisce il nostro stato e non s’arrende davanti ai nostri continui rifiuti.
3. Gli alti
Quando oscilliamo in modo incontrollabile verso l’alto, esternando l’energia che questo implica, non sopportiamo d’essere interrotti. La “compulsività” degli alti si riconosce da questo: se sto parlando euforicamente provo quasi un dolore fisico a fermarmi, se sono furente e voglio colpire un “nemico” può essere impossibile fermare l’oscillazione e tornare alla calma.
L’impeto dell’energia verso l’alto compulsivo ci toglie la coscienza di dove siamo, con chi siamo e cosa stiamo facendo. L’unica coscienza che abbiamo in questo stato è la coscienza dell’alto, e da li’ è impossibile rendersi conto della forza della calma, eppure è proprio di questa che abbiamo bisogno per non oscillare ancora e farci del male. Abbiamo bisogno di riportarci lentamente all’area tollerabile in cui siamo coscienti della calma e possiamo scegliere che uso fare della nostra energia. Da lì possiamo decidere, per esempio, quanto arrabbiarci e quanto in alto oscillare bevendo o parlando con qualcuno che ci stimola veramente.
Come per i bassi, è utile avere chi ci fa notare il nostro stato, anche se sentiamo il loro intervento come un’intollerabile interferenza. La verità è che abbiamo bisogno di diventare consapevoli di quegli alti estremi.
4. La calma
L’area di mezzo del pendolo e’ quella della calma, della centratura. Benché ci siano sempre movimenti emotivi, qui troviamo la nostra forza, salute e vera coscienza. Mentre nel basso, con le nostre emozioni rivolte all’interno, ci sentiamo vittime o fallimenti totali, nella calma vediamo le cose con una certa prospettiva. Invece di creare problemi emotivi in funzione di quanto in basso siamo, possiamo valutare la situazione senza creare una malattia seria dal nostro dolore.
Nella calma attiviamo la nostra incredibile capacità di recuperare, d’adattarci e di continuare, nonostante grossi cambiamenti o dolore in sopporta-bile. Nel profondo del nostro organismo sappiamo che la tragedia è comune e che viviamo in un mondo tragico. E anche che ognuno di noi è forte, sano e capace di contribuire; questo lo sperimentiamo nella calma e dal contatto con la nostra vera essenza.
Se siamo nello stato di calma, possiamo contribuire agli altri senza sconfiggerci con gli alti dai piani grandiosi o i bassi in cui sminuiamo le nostre capacità. Questo non significa stare sempre nella calma abbiamo anche bisogno del flusso energetico degli alti e di recuperare le forze nei bassi; ci servono l’aggressività e la capacità di correre dei rischi tipiche delle oscillazioni verso l’alto quanto la ‘danza autovalutativa’ dei bassi.
Un aspetto positivo degli estremi del pendolo è che ci scuotono alla radice e che ci portano, se siamo disposti, verso nuove direzioni: una volta che torniamo ad essere centrati possiamo decidere, per esempio, di lasciare un lavoro che ci è dannoso, di esprimere dei risentimenti tenuti dentro per troppo tempo o di uscire da un rapporto affettivo distruttivo. Nella calma siamo in grado di valutare il nostro rapporto con il mondo nel presente.
Invece, se oscilliamo continuamente da alti estremi a bassi profondi senza fermarci, la calma non esisterà per noi; non avremo modo di contattare ed usare la nostra forza interiore e la nostra vita sarà come viaggiare su un rapido di notte senza nemmeno sapere in che paese siamo.